venerdì 30 dicembre 2016

Auguri per un enoico 2017!



Ciao a tutti!

Nell'augurarvi un enoico anno nuovo, colgo l'occasione per festeggiare con voi un nuovo traguardo raggiunto dal blog "Enoitaca"... nell'ultimo mese sono state registrate, infatti, oltre 11'000 visualizzazioni di pagina! Un risultato non da poco, considerando che si tratta di un blog di nicchia e gestito da una sola persona.

Un risultato che devo a tutti voi che mi seguite, sia occasionalmente sia in modo più costante.

Se mi vien voglia di scrivere qualcosa o approfondire un argomento su questo blog è, infatti, soprattutto grazie a voi che mi leggete, che venite a farmi visita o, più semplicemente, a dare una veloce sbirciatina a queste pagine.

Per ringraziarvi del risultato raggiunto, tra l'altro in questo periodo di festività, ho pensato di proporre i miei ebook "Nozioni di base sul vino" e "Nozioni su vini, vitigni e zone vitivinicole d'Italia" a meno di un euro fino al 6 gennaio.

Li troverete sulle maggiori librerie online... si tratta di piccoli compendi rivolti sia a chi sta muovendo i primi passi nel mondo del vino sia a chi, invece, è già più addentrato e magari si sta preparando per sostenere gli esami da sommelier.

Acquistando questi due piccoli manuali sul vino, oltre a dare un sussidio al vostro enoico studio (sono, infatti, convito della loro reale fruibilità), darete anche un piccolo contributo al mio blog... sarà, infatti, per me motivo di grande gratificazione personale! Sarà un segnale tangibile che, leggendo le pagine di Enoitaca, forse in qualcuno di voi si è accesa la curiosità di approfondire, di sperimentare, di voler capire qualcosina in più di questo fantastico mondo... un mondo che è infinito, un mondo dove non ci si annoia mai, perché riserva sempre cose nuove da imparare e vini da scoprire.

L'augurio che faccio a tutti voi per il nuovo anno è, quindi, di sperimentare, di andare alla ricerca di nuove sensazioni, di non fermarsi all'etichetta ma di andare oltre... il vino non è fatto solo di semplice materia, il vino trasmette emozioni, ci racconta una storia, ha il potere di portarci in luoghi dove magari non siamo mai stati... per questo ritengo riduttivo apprezzare (o descrivere) un vino solo con i sensi... il vino va letto anche con l'occhio della mente.

Buon anno nuovo e tante buone bottiglie!







giovedì 29 dicembre 2016

Il Groppello riassunto in 7 punti


Foto presa dal web (fonte: www.consorziovaltenesi.it)

1. Vitigno a bacca rossa autoctono del nord Italia, il Groppello deve il nome alla forma del grappolo, che si presenta piccolo e compatto, simile a un "groppo" (ossia, a un "nodo").

2. Coltivato sin dall'antichità, come testimoniato da più autori latini, in passato il Groppello era piuttosto diffuso in Veneto, Trentino e Lombardia; tuttavia, il passaggio della fillossera causò la distruzione di gran parte dei vigneti di queste regioni e per la successiva ricostruzione i viticoltori preferirono altre uve a questo vitigno, la cui coltivazione fu quindi limitata a poche aree.

3. Attualmente è coltivato soprattutto sulla sponda bresciana del lago di Garda, dove lo troviamo in purezza nelle denominazioni Garda e Riviera del Garda Bresciano, oltre che come base dei vini Valtènesi (nome storico del territorio collinare a ovest del lago). E' presente, inoltre, in Trentino nella Val di Non, dove si coltiva la varietà "Groppello di Revò" sulle colline dell'omonima cittadina.

4. Secondo alcuni ampelografi, il "Groppello di Revò" rappresenta il genitore delle altre varietà di Groppello coltivate sulle colline che costeggiano il lago di Garda: il "Groppello Gentile" (la più diffusa), da cui si ottengono piacevoli vini rosati, ed il "Groppello di Mocasina", da cui si ottengono vini rossi più intensi e corposi.

5. Vinificato in purezza dà un vino non molto corposo, dal colore rubino e dalle delicate note fruttate e speziate, che ben si abbina a salumi e primi piatti di pasta con il sugo, nonché con carni rosse e formaggi a media stagionatura; dall'assemblaggio con Marzemino, Sangiovese e Barbera, nascono invece vini più strutturati che si possono accompagnare anche a selvaggina.

6. Frequentemente utilizzata per ottenere vini rosati, quest'uva è alla base del "Chiaretto"... vino rosato ottenuto lasciando le bucce a contatto con il mosto solo per poche ore (per il tempo di una notte, ragion per cui è chiamato anche "vino di una notte"): dal delicato colore petalo di rosa, si presenta al naso con lievi note floreali e fruttate; fresco al gusto, mostra buone  doti di sapidità e un finale leggermente ammandorlato; il suo abbinamento è con antipasti, minestre, secondi piatti a base di pesce e carni bianche.

7. Caratteristica è la "Fiera del Vino di Polpenazze", paesino della Valtènesi, che dà ogni anno  nell'ultimo fine settimana di maggio la possibilità di degustare il vino di più aziende della zona, oltre ad altri prodotti lacustri... "Si prende il bicchiere, lo si appende al collo e si passeggia tra gli stand in legno, ammirando il Lago dalla terrazza più bella del Garda tra un sorso e l'altro" (Giornale di Brescia, Martedì 14 Aprile 2015).


Se hai trovato questo post interessante... dà un'occhiata al mio ebook "Nozioni su vini, vitigni e zone vitivinicole d'Italia".





lunedì 26 dicembre 2016

Taras... il vino di Andrea "o' canarin"


Foto presa dal web (fonte: Wikipedia)

Qualche tempo fa, vidi in televisione un film del 1969 che, ambientato tra la città di Napoli e l'isola di Capri, trae il titolo da una simpatica canzone cantata da Nino Taranto... "Il suo nome è Donna Rosa" ha come protagonista il giovane barcaiolo Andrea, interpretato da Al Bano e detto "o' canarin" per le sue dote vocali, che incontra casualmente, finendo poi per innamorarsene, una giovanissima Romina Power nei panni della figlia di un ricco antiquario. 
  
Mi ha preso così la curiosità di assaggiare un suo vino!
Sì! Perché oltre ad essere un noto cantante, Al Bano Carrisi è anche un importante produttore di vini nel Salento... la sua cantina è frutto di una promessa fatta anni addietro al padre, quando da Cellino San Marco partì per diventare un cantante.

"Partirò. Diventerò un cantante e quando tornerò, costruirò una cantina per dedicarla a te."

Nonostante la fama, Al Bano non dimentica le sue origini e, soprattutto, mantiene vivi dentro di sé l'amore ed il rispetto per la terra, valori trasmessi dalla sua famiglia contadina, che da generazione abita e lavora quelle assolate campagne pugliesi abbracciate dalla macchia mediterranea, dove si produce vino sin dal '700.

L'occasione di assaggiare un suo vino mi viene incontro qualche tempo dopo, quando passeggiando tra gli scaffali di un supermercato, vicino dove lavoro, mi si para davanti agli occhi il "Taras", uno dei vini di punta delle Tenute Albano Carrisi, ad un prezzo tra l'altro più basso rispetto a quanto sapevo.


Ottenuto da viti di Primitivo, coltivate ad alberello, e maturato in barrique di rovere francese, il "Taras" deriva il nome dall'eroe mitologico ritratto sull'antica moneta argentea di Taranto... raffigurato a cavallo di un delfino e con un tridente alla mano sinistra,  secondo la leggenda Taras, figlio di Poseidone e della ninfa Satyra, fu tra i primi a colonizzare la Magna Grecia.

Ma, ora, andiamo al sodo e vediamo un po' come mi è parso questo vino:
Annata 2012. Si presenta nel bicchiere con un colore rosso rubino intenso, che sfuma leggermente nel granato; il naso è ricco, profondo, costellato da sentori di prugna e ciliegia, avvolti da note di tabacco dolce e terra umida, su uno sottofondo balsamico che lascia trapelare cenni di liquirizia. Non delude poi al gusto, dove la grande struttura è smorzata da una buona freschezza, che ben bilancia l'importante componente alcolica (14%); i tannini sono molto vellutati ed il finale piacevole e persistente.

Degustato il vino... dato il periodo festivo, sentiamoci una bella canzone natalizia, cantata da Romina Power e Andrea "o' canarin"!




Tenute Al Bano Carrisi
Contrada da Bosco - 72020 Cellino San Marco
tel. 0831619211
email: aziendavinicola@albanocarrisi.com





sabato 17 dicembre 2016

"Alberate aversane, grotte tufacee e vino Asprinio"

Cesa, 16 Dicembre 2016

Foto presa dal web (fonte: www.masseriacampito.it)


"Ma l'incanto delle vigne, così drappeggiate a lunghi e altissimi e folti festoni da un pioppo all'altro! Immense pareti di verzura, tese verticalmente: che il sole, attraversandole, trasforma in vasti arazzi luminosi, dai meravigliosi frastagli indecifrabili. E le contorsioni, gli intrichi, i grovigli dei rami, nella loro vegetale, apparentemente immota, vitalità, nei loro complicati abbracci intorno ai fusti diritti dei pioppi, hanno qualche cosa di mostruoso ed animalesco."
Così Mario Soldati, nel suo libro "Vino al Vino", descriveva le "alberate aversane", disegnate da viti centenarie che, grazie al terreno in parte sabbioso e al loro gigantesco sviluppo, hanno saputo resistere al flagello della fillossera.



Ieri sera sono stato contento ed onorato di partecipare ad un evento svoltosi a Cesa, organizzato dalla Pro Loco (cui va il mio più sentito ringraziamento per l'invito) ed incentrato sul vino Asprinio, le grotte di tufo e le alberate aversane; ma sono stato ancor più contento della partecipazione a tale evento degli studenti dell'Istituto Alberghiero "Drengot" di Aversa, anche perché la loro presenza mi ha dato modo di spendere due parole sulla figura del sommelier e sulla sua evoluzione nella ristorazione.

In particolare, al giorno d'oggi, il sommelier non ha solo il "semplice" ruolo di addetto al servizio del vino, ma ha anche il compito di raccontarlo, di dare voce a questo nobile prodotto... l'Asprinio, poi, rispetto ad altri vini va raccontato ancor di più! Perché è un vino sostanzialmente difficile, duro, per via della sua spiccata acidità, tale da far quasi contrarre le gengive a chi lo degusta... una sensazione così intensa, in altri vini potrebbe essere considerata un difetto, ma nell'Asprinio no! In tale vino è una virtù! Già, Sante Lancerio, bottigliere di papa Paolo III Farnese, ne esalta questa caratteristica, raccontandoci di come Sua Santità era solito bere questo vino d'estate come bevanda dissetante, "per vincere i calori dell'estate e anche per purgare gli umori del corpo"; nei secoli successivi, secondo alcuni, il vino Asprinio servì in più occasioni da base per gli spumanti dei nostri cugini d'Oltralpe (colpiti da glaciazioni, prima, e dall'invasione della fillossera, poi, nella regione della Champagne), in quanto per via della sua elevata acidità ben si prestava ai processi di spumantizzazione. Ma, probabilmente, fu proprio per questa sua intensità gustativa (tale da farlo paragonare da Veronelli ai "vinhos verdes" portoghesi) che l'Asprinio non riuscì in seguito a riscuotere i favori del pubblico... considerato come un vino troppo duro e difficile da apprezzare, fu destinato alla produzione di distillati (la Buton ne ricavava il brandy "Vecchia Romagna") o, tutt'al più, ad un consumo familiare. Oggi, però, grazie alla lungimiranza di alcuni produttori, che hanno scommesso sul vitigno e sul territorio, stiamo assistendo ad una rivalutazione di questo "grande piccolo vino" così come lo definì Mario Soldati, secondo cui "non c'è bianco al mondo così assolutamente secco come l'Asprino: nessuno".

Qualche anno fa, un mio amico e professore di Medicina del Lavoro, Carmine Sbordone, grande appassionato d'arte, mi raccontò della sua esperienza come insegnante di anatomia artistica presso il Liceo Artistico di Aversa e di quando, volendo conoscere meglio la città normanna, già definita nella metà del '500 da Sante Lancerio come "città unica e buona", chiese ai suoi studenti cosa ci fosse da visitare... gli risposero "Ma professore, qui ad Aversa non c'è niente!". "Ma come!", pensò Carmine, "è mai possibile che una città con mille anni di storia non abbia nulla che meriti una visita?!?" In vero, la città di Aversa ha tantissime cose da vedere ed altrettante storie da raccontare... purtroppo quei ragazzi, non per loro colpa, magari sapevano tutto su Firenze e Pisa, tutto sulla Cappella Sistina, ma non conoscevano la loro terra... e questo è inaccettabile!
Per tale motivo, il mio plauso va al Prof. Nicola Buonocore che, coinvolgendo i suoi studenti in eventi come questo, dà loro la possibilità di immergersi nella storia, radici e tipicità di una zona ormai da troppo tempo bistrattata... Perché un domani, saranno questi giovani che, andando a lavorare a Milano, a Firenze o anche all'estero, si faranno ambasciatori del vino Asprinio e di altri prodotti tipici nostrani... saranno questi ragazzi che, presentando al tavolo una bottiglia di vino Asprinio, avranno la possibilità di descriverne le caratteristiche e di invitare i loro clienti a far visita alle grotte di tufo, alla loro città e alle magnifiche alberate che tanto colpirono il Soldati sul finire degli anni '60... orgogliosi della loro terra, unica in Italia per storia, tradizioni e paesaggio agricolo!

Che ben vengano, dunque, eventi come questo, volti a valorizzare il nostro patrimonio artistico, culturale ed enogastronomico!

Viva il vino Asprinio!


Sulla pagina facebook della Pro Loco Cesa troverete alcune foto dell'evento.


Di seguito alcuni miei post sull'argomento:















giovedì 8 dicembre 2016

Tenuta Cucco




Oggi voglio parlarvi di Tenuta Cucco, azienda vitivinicola piemontese sita nell'estremo lembo orientale del comprensorio del Barolo.

Foto presa dal web (Fonte: tenutacucco.it)

La cantina si trova, infatti, ai piedi dell'antico castello di Serralunga d'Alba, sulla sommità di una collina che, dominando l'intera area, dona a chi vi si reca un panorama mozzafiato... il nome dell'azienda fa appunto riferimento alla parte più alta (in dialetto "cucco") della collina dove è ubicato il suo vigneto più antico, "Vigna Cucco", all'interno del cru "Cerrati".  

Recentemente acquisita dalla famiglia Rossi Cairo (la stessa che da quindici anni conduce l'azienda agricola biodinamica La Raia), la Tenuta è stata di proprietà della famiglia Stroppiano, che nel 1966 la rilevò a sua volta dalla famiglia Cappellano.

I vigneti della Tenuta si estendono per circa 13 ettari su terreni di antichissima origine geologica, risalenti a 10-13 milioni di anni fa e caratterizzati da marne grigie alternate a starti di sabbia o arenarie grigio-rossastre.  Le viti, coltivate secondo i principi dell'agricoltura biologica ed in modo da ottenere una bassa resa quantitativa, hanno un'età compresa tra i 15 e i 50 anni. La raccolta delle uve è manuale e la produzione complessiva annua si attesta intorno alle 70'000 bottiglie di vino... alcune delle quali ho avuto modo di degustare:



Langhe Rosso DOC 2014
Nebbiolo, Barbera, Merlot, Cabernet Sauvignon. 12 mesi in piccoli botti di rovere, in parte nuove ed in parte di secondo e terzo passaggio.
Frutto di un blend di vitigni autoctoni ed internazionali, si presenta nel bicchiere con un colore rosso rubino dai riflessi violacei; mostra al naso sentori erbacei, di frutta e fiori rossi, mentre in bocca si fa apprezzare per i tannini vellutati e la piacevolezza gustativa.



Barbera d'Alba DOC Superiore 2014
Barbera. 12 mesi in piccoli botti di rovere di tre passaggi in percentuale uguale.
Dal colore rosso rubino intenso e vivace, presenta al naso sentori di frutta e fiori rossi, note speziate e cenni di scorza di mandarino. Dell'importante componente alcolica (14,5%), davvero ben integrata nella struttura, ci si rende conto solo leggendone l'etichetta; ottima, inoltre, risulta l'acidità la quale sospinge un sorso gustoso che, scandito da tannini vellutati, chiude con un finale piacevole e finemente amarognolo.



Barolo DOCG Cerrati 2012
Nebbiolo. Circa 30 giorni di macerazione sulle bucce (a cappello sommerso). 12 mesi in piccoli botti di rovere di tre passaggi in percentuale uguale, cui seguono altri 12 in botti tradizionali.
Si presenta nel bicchiere con un colore rosso rubino vivace e che sfuma nel granato, mentre al naso è floreale, speziato, con sentori di ciliegia e note di liquirizia su un sottofondo balsamico. Elegante e di buona sapidità al gusto, mostra tannini ben presenti ma per nulla aggressivi; la componente alcolica è importante... ma di quelle che nobilita e non disturba, essendo ben integrata nella struttura e bilanciata da una buona acidità.
Un vino che ha grinta! Dal naso espressivo e dal sorso piacevole e persistente.



Langhe Nebbiolo DOC 2015
Nebbiolo. "Non tocca" il legno.
Dal colore rosso rubino vivace e di bella trasparenza, mostra un naso floreale e delicatamente fruttato, con note agrumate e cenni di spezie. Ha una bocca di struttura non importante ma che ruggisce con la sua sapidità, lasciandosi poi apprezzare per la piacevolezza gustativa.



P.S.: Come a voler rafforzare il legame con il territorio, le etichette delle bottiglie ritraggono i putti musicanti e i nobili sabaudi raffigurati negli affreschi che ornano la Chiesa di San Sebastiano al Borgo; ricostruita nel Seicento sull'antico impianto medioevale e restaurata verso la fine del XIX secolo, questa chiesa facente parte di Tenuta Cucco è sita al centro di Serralunga d'Alba.


Tenuta Cucco
Via Mazzini, 10
12050 Serralunga d'Alba (CN)
tel. 0173613003
email: info@tenutacucco.it
Sito web: tenutacucco.it


Grazie per la visita e alla prossima!






domenica 4 dicembre 2016

Il vino in Sardegna riassunto in 7 punti



Immagine presa dal web
 

 

1. Grande ed affascinante isola del mar Mediterraneo, la Sardegna fu chiamata dagli antichi greci "Sandalion" per la somiglianza della conformazione costiera all'impronta di un sandalo; mentre il suo nome latino "Sardinia" deriverebbe da quello di una leggendaria donna greca chiamata "Sardò", originaria di Sàrdeis, capitale della Lidia (che, secondo Erodoto, sarebbe la terra di provenienza degli etruschi e dei sardi). Ad ogni modo, questa regione presenta un territorio molto variegato, dove coesistono montagne, altipiani e colline, ed un clima mediterraneo con estati calde e secche, ma molto ventilate, e con inverni piovosi, ma brevi e poco freddi.

 

2. Probabilmente la vite su quest'isola fu introdotta dai Fenici; tuttavia, data la strategica posizione occupata nel mar Mediterraneo, la Sardegna è stata nel corso dei secoli oggetto di conquista da parte di più popolazioni, che hanno contribuito all'arricchimento del patrimonio ampelografico, nonché all'introduzione di differenti tecniche vitivinicole. Tra '700 e '800 i vini sardi divennero famosi oltre i confini regionali; tuttavia, con l'arrivo della fillossera anche qui la viticoltura subì un brusco arresto e la ripresa si ebbe solo a partire dagli anni '50 del XX secolo soprattutto grazie all'opera di cantine sociali; la produzione vinicola sarda, improntata all'epoca verso vini da taglio dall'elevato tenore alcolico, a partire dagli anni '80 sta vivendo un periodo di riscoperta dei vitigni autoctoni e dando vita a vini di eccellente livello qualitativo.

 

3. Oltre alle cosiddette uve internazionali, si trovano in Sardegna anche uve tipiche di altre regioni italiane come Nebbiolo, Sangiovese, Montepulciano e Barbera, nonché uve introdotte nel corso dei secoli da differenti popolazioni e che, oggi, sono considerate locali; tra quest'ultime alcune sono tanto diffuse da dar vita a denominazioni regionali, quali Cannonau di Sardegna (le cui sottozone sono "Oliena", "Jerzu" e "Capo Ferrato"), Vermentino di Sardegna, Monica di Sardegna e Moscato di Sardegna (di cui è da segnalare la sottozona "Tempio Pausania") e Sardegna Semidano (di cui è da segnalare la sottozona "Mogoro").

 

4. Nella parte settentrionale dell'isola troviamo la produzione del Vermentino di Gallura che, ottenuto da uve Vermentino coltivate ad alberello o a spalliera su terreni granitici, è affinato quasi sempre in acciaio. Prodotto in quantità limitata è il Moscato di Sorso-Sennori, un vino passito ottenuto da uve Moscato Bianco che possiamo, però, ritrovare anche in versione spumante e liquoroso. Infine, la denominazione Alghero comprende vini bianchi e rossi ottenuti sia da vitigni autoctoni che internazionali.

 

5. Nella parte orientale dell'isola troviamo l'Ogliastra, regione storico geografica caratterizzata da una successione di colline calcaree, dove si coltiva ad alberello basso il Cannonau, che qui sembra esprimersi al meglio; proseguendo verso l'interno, troviamo invece la produzione del Mandrolisai che, ottenuto soprattutto da uve Bovale, Cannonau e Monica coltivate ad alberello o a spalliera sulle pendici del massiccio del Gennargentu, può essere sia rosso sia rosato... ad ogni modo, di buona struttura.

 

6. Nella parte occidentale dell'isola troviamo, lungo la costa, la produzione della Malvasia di Bosa... raro vino passito di stile ossidativo che, ottenuto da uve Malvasia di Sardegna coltivate su terreni calcarei, ammalia al naso con sentori di mandorla tostata, nocciola caramellata e macchia mediterranea, mentre stupisce al gusto per la persistenza e le doti di sapidità ben bilanciate dalla morbidezza. Tipico vino di questa parte dell'isola è anche la Vernaccia di Oristano, ottenuto con le omonime uve a bacca bianca e la cui maturazione avviene, in modo simile allo Sherry, in botti di castagno scolme, dove sulla superficie del vino si sviluppa una strato di "flor" (lieviti filmogeni); prodotto anche in versione liquoroso, questo vini può accompagnare formaggi piccanti e pasticceria secca. Altre denominazioni della parte occidentale della Sardegna sono Arborea, dove hanno trovato spazio Sangiovese e Trebbiano Toscano, e Campidano di Terralba, dove si ottengono da uve Bovale vini rossi di buona struttura.

 

7. Nella parte meridionale dell'isola, troviamo la produzione del Carignano del Sulcis, corposo vino rosso ottenuto da uve Carignano, nonché una ricca produzione di vini secchi e dolci, passiti e liquorosi (la cui diffusa tecnica produttiva è un retaggio spagnolo) ottenuti da uve locali, quali Girò di Cagliari, Malvasia di Cagliari, Monica di Cagliari, Moscato di Cagliari e Nasco di Cagliari; il Nuragus di Cagliari è, invece, un vino bianco fermo o frizzante prodotto solo in versione secco o amabile.

 

 

Se hai trovato questo post interessante... dà un'occhiata al mio ebook "Nozioni su vini, vitigni e zone vitivinicole d'Italia".

 

 



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