sabato 29 aprile 2017

Il report dell'evento "Wine Fitness: Lambrusco"

La sera del giovedì 27 aprile, presso il ristorante pizzeria "La Frasca" a Pozzuoli, si è svolto un altro incontro targato Wine Fitness... un programma di eventi che, organizzati dall'Associazione Culturale "Enodegustatori Campani", sono volti all'approfondimento di zone vitivinicole attraverso l'assaggio guidato di più bottiglie delle principali aziende del territorio.

Foto di Salvatore Aroldo

Il focus è stato fatto questa volta sui vini prodotti in provincia di Modena, in particolare nel territorio di Bomporto, a partire da uve Lambrusco: in realtà, ne esistono più varietà di vite Lambrusco, alcune delle quali derivano il nome dall'origine geografica, come il Lambrusco di Sorbara... varietà che, coltivata in terreni a prevalente componente sabbiosa, dà vini solitamente più scarichi nel colore e dal corpo più leggero.

Nella sua monumentale opera di ben 5 volumi realizzata negli anni '50 e '60 del secolo scorso e che ha per titolo "Principali vitigni da vino coltivati in Italia", Italo Cosmo a proposito delle diverse varietà di Lambrusco scrive: "quello di Sorbara è senza dubbio il più importante perché dà un vino più pregiato degli altri; malauguratamente non si è molto diffuso al di fuori della sua zona originaria, a causa della sua difettosa conformazione floreale, la quale si traduce in scarsa e talora scarsissima fertilità... Oggi lo si trova tuttavia in quella parte mediana della pianura modenese compresa tra i fiumi Secchia e Panaro e che ha per centro la frazione di Sorbara in Comune di Bomporto".

Durante la serata abbiamo avuto, appunto, modo di assaggiare più vini ottenuti da questa varietà di Lambrusco; ecco, di seguito, qualche nota sui vini degustati e le aziende produttrici.



"Il vino non è matematica: è il frutto di attenta ricerca e smodata passione", queste sono le prime parole che si leggono visitando il sito web dell'azienda di Christian Bellei. Fondata nel 1920 dal suo  bisnonno questa cantina con sede a Bomporto, in provincia di Modena, conta 9 ettari vitati a circa 650 metri d'altitudine in conversione biologica, da cui ottiene una produzione media annua di circa 130'000 bottiglie.

Lambrusco di Modena Spumante DOC Rosé
Ottenuto da uve Lambrusco di Sorbara coltivate nei terreni alluvionali del fiume Secchia, la presa di spuma avviene con metodo Classico e vede un affinamento sui lieviti che si spinge anche oltre 30 mesi.
Vendemmia 2012; sboccatura ottobre 2016. Un vino dal colore oro rosa antico, delicato ed elegante al naso, dove esprime sentori di petali di rosa, note di ciliegia e di fragolina di bosco, affilato al gusto, di spiccata acidità e grande sapidità!
Produzione media annua: 35'000 bottiglie.



Sul sito web di quest'azienda a conduzione familiare, si leggono le parole dell'attuale proprietario, Alberto Paltrinieri: "Quando finii gli studi, mio padre Gianfranco mi chiese cosa desideravo fare nella vita. La mia risposta fu che volevo mantenere viva la tradizione del lavoro che nonno Achille aveva, con una felice intuizione, iniziato nel 1926, e che lui, aiutato da mia madre, aveva sapientemente portato avanti. 
Ora, insieme a mia moglie Barbare, e con il prezioso aiuto degli enologi Attilio Pagli e Leonardo Conti, e dell'agronomo Stefano Dini, curo e vinifico 15 ettari di vigneto nella storica zona del Cristo di Sorbara, la più sottile estensione di terra compresa tra il Secchia e il Panaro, i due fiumi che abbracciano la provincia modenese." 

Lambrusco di Sorbara DOC "Leclisse"
Vino rosso frizzante secco ottenuto da uve Lambrusco di Sorbara; la rifermentazione di questo vino avviene con metodo Charmat lungo.
Vendemmia 2015. Si presente nel bicchiere di un colore leggermente più carico del precedente, anch'esso delicato al naso, ma sicuramente meno intenso al gusto... un vino da servire come aperitivo.
Produzione media annua: 18'000 bottiglie.

Lambrusco di Sorbara DOC "Sant'Agata"
Vino rosso frizzante secco ottenuto da uve Lambrusco di Sorbara; 2 giorni di macerazione a contatto con le bucce; la rifermentazione avviene con metodo Charmat.
Vendemmia 2016. Si presenta nel bicchiere di colore rosso scarico, quasi rosato, al naso esprime sentori di caramella alla ciliegie e viola, mentre al gusto mostra una struttura più compatta rispetto ai due precedenti, non brillando però per intensità delle sensazioni gustative.
Produzione media annua: 15'000 bottiglie.

Lambrusco di Sorbara DOC "Piria"
Vino rosso frizzante secco ottenuto da uve Lambrusco di Sorbara (70%) e Lambrusco Salamino (30%); 3 giorni di macerazione a contatto con le bucce; la rifermentazione avviene con metodo Charmat.
Vendemmia 2016. Il colore più carico, rispetto a quello del vino precedente, fa da preludio alla maggiore struttura ritrovata poi al gusto e sorretta da tannini un po' più presenti; seppur piacevole con i suoi intensi sentori di viola e frutti di bosco, appare meno elegante rispetto ai vini precedenti... forse della batteria è quello (con licenza parlando) più "rustico".
Produzione media annua: 18'000 bottiglie.

Lambrusco di Sorbara DOC "Radice"
Vino rosso frizzante secco ottenuto da uve Lambrusco di Sorbara; rifermentazione naturale in bottiglia con lieviti indigeni.
Vendemmia 2014. Dal colore rosso pallido, appare un po' ritroso al naso, lasciando trapelare solo qualche cenno di frutti di bosco e rametti secchi; più espressivo appare al gusto, mostrando un sorso pieno, secco, con un bell'attacco acido-sapido. 
Produzione media annua: 18'000 bottiglie.


A fine serata ripenso alle parole scritte da Mario Soldati, trattando del Lambrusco, nel suo capolavoro "Vino al Vino": "Non esistono, per i vini, leggi assolute. Sono esseri viventi, al pari di creature umane. Riescono come riescono: imprevedibili, vari, capricciosi. Il loro bello, e il loro buono".



Per restare aggiornati sui prossimi eventi dell'associazione "Enodegustatori Campani" potete anche seguire la pagina facebook.

Grazie e alla prossima!





sabato 22 aprile 2017

Il Lambrusco riassunto in 7 punti


Foto presa dal web

1. La famiglia dei Lambruschi, vitigni a bacca rossa derivati dalla domesticazione della vite selvatica (avvenuta in epoca antica), deriva probabilmente il nome dai termini latini "labrum" (ossia, margine dei campi) e "ruscus" (ossia, pianta spontanea).

2. Il nome di questa famiglia di vitigni può trarre in inganno, facendo presumere relazioni di parentela, che in realtà non esistono, tra i Lambruschi (appartenenti alla specie euroasiatica "Vitis Vinifera") e la specie "Vitis Labrusca" (appartenente al gruppo delle viti americane).

3. La coltivazione di questi vitigni è diffusa in Emilia Romagna e Lombardia, soprattutto nella pianura padana. Si registra, inoltre, una certa presenza anche in altre regioni italiane, tra cui la Puglia.

4. Esistono più varietà di vite Lambrusco, che derivano il nome dall'origine geografica (come per il Lambrusco di Sorbara), da quello del selezionatore (come per il Lambrusco Maestri ed il Lambrusco Marani) o da caratteristiche morfologiche (come per il Lambrusco di Grasparossa, così chiamato per il suo graspo rosso, ed il Lambrusco Salamino, la cui forma del grappolo ricorda un piccolo salame).

5. Queste differenti varietà sono contemplate in più denominazioni, tra cui Lambrusco Mantovano, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasprossa di Castelvetro, Lambrusco Salamino di Santa Croce e Lambrusco Reggiano.

6. Da queste varietà di Lambrusco si ottengono vini rossi e rosati frizzanti e spumanti, attualmente rifermentati perlopiù in autoclave ma che in passato (fino agli anni '60) erano ottenuti con rifermentazione in bottiglia senza successiva eliminazione dei lieviti (risultando così in prodotti facili al deterioramento e, per questo, destinati ad un consumo locale). Tali vini esprimono al naso intensi ed ammiccanti sentori vinosi, fruttati e floreali; al gusto si fanno notare per freschezza e vivacità, mostrando un corpo in genere leggero e tannini appena accennati.

7. A tavola i vini da uve Lambrusco trovano facile abbinamento con i piatti tipici della cucina emiliana, come lo zampone e il cotechino, nonché con salumi e antipasti, oltre che con primi piatti come cappelletti in brodo, tortelli di erbetta o di zucca e lasagne.


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martedì 11 aprile 2017

La Toscana riassunta in 7 punti


Immagine presa dal web

1. Quando si immagina la Toscana, il pensiero va alle dolci e verdi colline ricoperte da filari ben ordinati di viti dove, immerse tra ulivi e cipressi, raffinate e antiche ville ospitano spesso aziende agricole la cui storia si intreccia con quella del luogo, dando così sapore al fascino paesaggistico di questa regione del Centro Italia. Riparta dagli Appennini dai freddi venti settentrionali, la Toscana presenta un clima mediamente temperato con differenze, però, da zona a zona in funzione della distanza dal mare, dall'altitudine e dalla disposizione dei rilievi.

2. Il nome di questa regione deriva da "Etruria", termine utilizzato dai latini per indicare la terra abitata dagli Etruschi, poi trasformato in "Tuscia" ed, infine, in "Toscana". All'epoca etrusca risalgono, infatti, le origini della viticoltura toscana; tuttavia, fu nel Medioevo che i vini di questa regione ebbero maggior fama, soprattutto grazie al potere politico e commerciale ricoperto dalle città di Firenze e Siena. Successivamente, l'importanza assunta dall'enologia toscana è testimoniata dall'istituzione, voluta da Cosimo III  de' Medici nel 1716, delle prime "denominazioni di origine", in cui si stabilirono le aree e le regole per la produzione dei vini Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno di Sopra.

3. In questa regione si coltivano perlopiù uve a bacca rossa e tra queste la più diffusa è il Sangiovese, da cui si ottengono vini rossi famosi nel mondo. Il territorio del comune di Montalcino, in provincia di Siena, era noto per la produzione di un vino bianco dolce ottenuto da uve Moscato Bianco fino alla seconda metà del '800; ossia, fino a quando Clemente Santi iniziò a studiare le potenzialità del Sangiovese Grosso in questo territorio: successivamente, Ferruccio Biondi-Santi (figlio di Jacopo Biondi e Caterina Santi) iniziò a produrre un vino rosso di eccellente qualità... prese vita così il Brunello di Montalcino, un vino rosso di grande struttura e longevità che, tuttavia, presenta caratteristiche alquanto diverse a seconda della zona di produzione: la parte di Montalcino che volge a sud-ovest, verso la Maremma, mostra un clima più mite e più secco, oltre a terreni più sciolti, con il risultato che in questa zona le uve maturano prima ed il vino risulta più morbido e più pronto; la parte rivolta a nord-est, caratterizzata principalmente da terreni galestro-argillosi alternati a masse di alberese, dà invece vini ruvidi, più austeri ma anche più longevi; infine, il versante sud-est, caratterizzato principalmente da rocce e galestro con presenza di tufo di origine vulcanica,  dà vini di notevole profondità e di grande eleganza.

4. Sempre in provincia di Siena, nel territorio del comune di Montepulciano, il Sangiovese Grosso è alla base di un altro grande vino rosso, il Vino Nobile di Montepulciano, alla cui composizione possono partecipare in piccola percentuale anche altre uve rosse (tra cui il Canaiolo Nero) ed il cui nome si deve ad Adamo Fanetti: questo produttore di Montepulciano, che con la sua cantina si prodigò molto nella promozione dei vini della zona negli anni successivi alle due guerre mondiali, usava chiamare il suo ottimo vino con l'appellativo "Nobile". In questa provincia si produce, inoltre, il più importante vino bianco toscano, la Vernaccia di San Gimignano, da uve coltivate sulle colline dell'omonima città delle torri.

5. La denominazione Chianti comprende una vasta zona, che si estende sul territorio di più provincie e nella quale è possibile individuare sette sottozone: Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Montalbano, Montespertoli e Rufina; mentre, la denominazione Chianti Classico si riferisce solo al territorio più antico, compreso tra le provincie di Firenze e Siena. Attualmente, questo vino è ottenuto da uve Sangiovese in purezza o assemblate con una piccola percentuale di uve a bacca rossa sia locali (come Canaiolo Nero) sia internazionali (come Merlot e Cabernet Sauvignon) e/o di uve a bacca bianca (come Malvasia Bianca e Trebbiano Toscano); l'aggiunta di ulteriori uve risale al 1840 ad opera del barone Bettino Ricasoli, in quanto questo vino, all'epoca ottenuto da sole uve Sangiovese, risultava troppo duro da bere; inoltre, il barone introdusse la pratica del "governo alla Toscana" per arricchirne il colore ed esaltarne i profumi, aumentandone nel contempo gradazione alcolica e struttura: tale pratica enologica è basata su una lenta rifermentazione del vino innescata dalla successiva aggiunta di uve appassite.

6. In provincia di Grosseto troviamo altri due importanti vini rossi a base di uve Sangiovese: il Morellino di Scansano, ottenuto da un biotipo di Sangiovese Piccolo il cui nome deriva dalla razza di cavalli un tempo impiegati per trainare le carrozze, ed il Montecucco Sangiovese. Sempre nella stessa provincia troviamo la produzione del Bianco di Pitigliano che, ottenuto soprattutto da uve Trebbiano Toscano coltivate su terreni tufacei, riposa in suggestive cantine scavate nel tufo.

7. Nel vigneto toscano sono piuttosto diffusi i vitigni internazionali (soprattutto a bacca rossa, come Merlot e Cabernet Sauvignon) che, importati nel '700 dalla Francia, entrano attualmente a far parte di più denominazioni (tra cui Chianti, Carmignano e Pomino) in assemblaggio con altre uve locali (Sangiovese in primis); in particolare, la loro presenza è massiccia in provincia di Livorno, lungo la costa tirrenica, dove li troviamo assemblati al Sangiovese nel Rosso di Val di Cornia ed in purezza nelle denominazioni Suvereto e Bolgheri. Interessanti risultati si stanno ottenendo, invece, da uve Syrah nel territorio di Cortona in provincia di Arezzo.



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